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IL PENTATEUCO


SOTTO IL NOME DI  "PENTATEUCO"  SONO COMPRESI I CINQUE LIBRI,CHE COSTITUISCONO LA PARTE FONDAMENTALE DEL CANONE EBRAICO E CHE GIA' DAGLI EBREI ERANO STATI CONSIDERATI COME UN TUTT'UNO E CHIAMATI " TORAH' " = LEGGE ( CHE COME RISULTA DALLA LORO LETTURA, NON DI FACILE  COMPRENSIBILITA' ,  NON E' SOLO LEGGE DI  DIO  MA  ANCHE INSEGNAMENTO PER L'INTERA UMANITA').
ESSI SONO NELL'ORDINE : GENESI , ESODO , LEVITICO , NUMERI , DEUTERTOMIO .
PER TRADIZIONE SIA GIUDAICA ,  SIA CRISTIANA , IL PENTATEUCO E' ATTRIBUITO A  MOSE' SULLE IMPLICITE ED ESLICITE TESTIMONIANZE DEI LIBRI ISPIRATI .


GENESI
STORIA DELL'UMANITA' FINO ALLA TORRE DI BABELE


CREAZIONE DELLA MATERIA PRIMORDIALE. IN PRINCIPIO DIO CREO' IL CIELO E LA TERRA.
LA TERRA ERA UNA MASSA INFORME E VUOTA ; LE TENEBRE COPRIVANO L'ABISSO , E SULLE ACQUE ALEGGIAVA LO SPIRITO DI  DIO .

ORGANIZZAZIONE DEL CREATO:

PRIMO GIORNO .
IDDIO DISSE << SIA LA LUCE >> E LA LUCE FU . IDDIO VIDE CHE LA LUCE ERA BUONA E SEPARO' LA LUCE DALLE TENEBRE ; E CHIAMO' LA LUCE < GIORNO > E LE TENEBRE < NOTTE > . COSI' FU SERA , POI FU MATTINA :
PRIMO GIORNO .

SECONDO GIORNO.
DIO DISSE ANCORA: VI SIA FRA LE ACQUE UN FIRMAMENTO , IL QUALE SEPARI LE ACQUE SUPERIORI DA QUELLE INFERIORI. E COSI' FU . E IDDIO FECE IL FIRMAMENTO , SEPARO' LE ACQUE CHE SONO SOTTO IL FIRMAMENTO DA QUELLE CHE SONO AL DI SOPRA ; E CHIAMO' IL FIRMAMENTO  CIELO . DI NUOVO FU SERA , POI FU MATTINA : SECONDO GIORNO.

TERZO GIORNO.  
POI IDDIO DISSE : SI RADUNINO TUTTE LE ACQUE CHE SONO SOTTO IL CIELO, IN UN SOL LUOGO E APPAIA L' ASCIUTTO. E COSI' FU . E CHIAMO' L' ASCIUTTO TERRA E LA RACCOLTA DELLE ACQUE MARI.

Vogliamo qui approfondire il secondo versetto della Bibbia: “La terra era informe e vuota” (Gn 1:2). Richiamiamo intanto il testo originale della Scrittura:

????????? ??????? ????? ???????
vehaàretz haytàh tohù vabohù
e la terra era desolazione e deserto

A beneficio di chi non conosce l’ebraico, ricordando che l’ebraico si scrive da destra a sinistra, specifichiamo che l’iniziale ve (??) rappresenta la congiunzione “e” (che in ebraico si mette come prefisso della parola) e che il successivo ha (??) rappresenta l’articolo determinativo (sempre messo come prefisso della parola); per cui, l’espressione vehaàretz (?????????) significa: “e la terra”. La parola haytàh (???????) è un verbo al tempo passato, terza persona singolare femminile; si tratta del verbo hayàh (???), che significa “essere /avvenire /succedere / capitare /divenire /diventare”. Va detto che il tempo passato ebraico include, in un’unica forma, i nostri passato prossimo, trapassato prossimo, passato remoto, trapassato remoto e imperfetto. Hayàh (???) può quindi significare: “Era”, “fu”, “divenne”, “era stata”, “era divenuta” e così via, ma sempre e comunque come terza persona singolare femminile (essa) al passato. Nella nostra citazione iniziale, il traduttore (NR) ha scelto “era”; un altro traduttore (TNM) rende con “risultò essere”. Ambedue le traduzioni sono ammesse. Specifichiamo infine che l’ultima parola, vabohù (???????), ha nell’iniziale va (??) la congiunzione “e” che abbiamo visto prima, e che qui li legge va (anziché ve) per leggi fonetiche.
Detto questo, rivolgiamo la nostra attenzione all’espressione tohù vabohù (????? ???????), “desolazione e deserto”.
Tohù (????), “desolazione”, ricorre 17 volte nella Bibbia e indica un luogo privo di vegetazione. - Cfr. Gb 12:24 e sgg.; Dt 32:10.
Bohù (????), “deserto”, ricollegabile all’arabo bahija, suggerisce una casa priva di mobilio.
Richiamandoci a quanto già considerato nello studio precedente (in questa stessa sezione) intitolato Creazione dal nulla?, riflettiamo sul fatto che se prendiamo i primi due versetti genesiaci così come li leggiamo nelle nostre Bibbie, sorge spontanea una domanda. I versetti dicono:

“Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota”. – Gn 1:1,2a.

La domanda che sorge è questa: Dio creò all’inizio una “terra informe e vuota” per poi sistemarla? Sarebbe oltremodo strano che Dio, che fa ogni cosa per bene, avesse creato prima una terra informe anziché formarla direttamente ben modellata. Né sarebbe concepibile un primo tentativo mal riuscito su cui Dio dovesse poi intervenire per metterlo a posto: di Dio la Scrittura dice che “l'opera sua è perfetta” (Dt 32:4). E poi, anche volendo ammettere non un tentativo mal riuscito, ma una creazione volutamente caotica, perché mai Dio avrebbe dovuto operare in due tempi?
Non solo il nostro buon senso rifiuta un tentativo mal riuscito da parte di Dio e una sua creazione volutamente “informe e vuota”, ma lo rifiuta la Bibbia stessa che afferma:   

“Così dice il Signore,
che ha creato i cieli;
egli, il Dio che ha plasmato
e fatto la terra e l'ha resa stabile
e l'ha creata
non come orrida regione [?????????  (lo- tohù), “non- desolazione”]”.
– Is 45:18, CEI.

Andando ad indagare dove la Bibbia usa l’espressione tohù vabohù (????? ???????), scopriamo che è presente nella Scrittura altre due volte.  
In Ger 4:23 descrive lo stato in cui per punizione divina viene ridotta la terra di Canaan:

“Io guardo la terra, ed ecco è desolata e deserta [????? ??????? (tohù vabohù), “desolazione e deserto”];
i cieli sono senza luce”

Nel secondo caso, Isaia applica tale frase ad Edom, punito da Dio:

“I torrenti di Edom saranno mutati in pece e la sua polvere in zolfo; la sua terra diventerà pece ardente. Non si spegnerà né notte né giorno, il fumo ne salirà per sempre; di età in età rimarrà deserta, nessuno vi passerà mai più. Il pellicano e il porcospino ne prenderanno possesso, la civetta e il corvo vi abiteranno; il Signore vi stenderà la corda della desolazione [???? (tohù)], il livello del deserto [???? (bohù)].” – Is 34:9- 11.

Se lo si nota, nei due casi citati sopra in cui compare l’espressione tohù vabohù (????? ???????), questa situazione di “desolazione e deserto” non era iniziale, ma fu provocata dalla punizione di Dio.
Ci domandiamo quindi: Anche in Gn 1:2 si parla di una situazione successiva relativa alla terra? Esaminando il testo originale della Scrittura, senza il pregiudizio delle traduzioni, ci soffermiamo su quel verbo haytàh (???????) sapendo che può essere reso con “divenne”. Ci conforta la traduzione di Rotherham che ha: “La terra era divenuta”, e anche quella di TNM che rende con “la terra risultò essere”. Che haytàh (???????) possa essere reso con “divenne” lo garantisce non solo la grammatica ebraica, ma la Bibbia stessa. Lo abbiamo sotto gli occhi sempre in Gn:

Gn 2:1 Gn 36:12
“La terra divenne desolazione e deserto”
(Dia) “Timna divenne la concubina di Elifaz”
(TNM)
??????? ???????
haytàh haytàh

La prima frase della Bibbia è: “In principio Dio creò i cieli e la terra” (Gn 1:1). Questa frase è a sé stante. Il verbo “creò” (??????, barà) è al passato. Secondo quanto già detto sul tempo passato ebraico, barà – in armonia con il contesto – può essere reso “aveva creato”. Ecco dunque la corretta traduzione dall’ebraico, in cui non appaiono contraddizioni:

“All’inizio Dio aveva creato i cieli e la terra. E la terra divenne desolazione e deserto”.
– Gn 1:1,2a, Dia.

In pratica, Dio aveva creato i cieli e la terra (v.1 di Gn 1), e la terra l’aveva creata “non come orrida regione [????????? (lo- tohù), “non- desolazione”]” (Is 45:18, CEI). Poi qualcosa accadde. Il risultato fu che “la terra divenne desolazione e deserto” (v.2). Su quella terra ridotta così, Dio operò preparandola per accogliere l’umanità (vv. 3 e sgg.). Già Origène (185- 254 E. V.) affermava questa verità. – Origène, De Principiis, 3,54.  
Ora la domanda è: Cosa accadde che rese la terra tohù vabohù, “desolazione e deserto”? Occorre indagare tra gli esseri viventi di quel tempo. Tali esseri umani non erano, giacché Adamo ed Eva furono creati in seguito. Non poteva che trattarsi di esseri spirituali. Vi accenna Pietro quando dice che Dio “non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li inabissò, confinandoli in antri tenebrosi per esservi custoditi per il giudizio” (2Pt 2:4). “Egli [Dio] ha pure custodito nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio, gli angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora” (Gda 6). Qual era la loro dimora? Si noti Eb 2:5: “Non è ad angeli che Dio ha sottoposto il mondo futuro [“la terra abitata avvenire”, TNM]”. Perché lo scrittore di Eb fa questa specificazione relativa alla terra e agli angeli? Ha senso solo ammettendo che all’inizio il mondo era stato sottoposto a loro, cioè agli angeli. Eb, infatti, spiega che per quanto riguarda il mondo futuro non sarà così. Qui si parla di angeli “che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora” (Gda 6), ovvero di angeli ribelli. Gli angeli, queste creature spirituali, erano già presenti alla creazione, quando “tutti i figli di Dio [“le schiere di angeli” (Targumìm); “i miei angeli” (LXX)] alzavano grida di gioia” (Gb 38:7), ammirati per l’opera creativa di Dio. Parte di quegli angeli si ribellò a Dio, diventando così demòni. Dio non aveva creato demòni (Dt 32:4), ma angeli. Quelli ribelli si resero demòni da sé. Il “principe dei demòni” (Mt 12:24) è colui “che è chiamato diavolo e Satana” (Ap 12:9). La parola ebraica ??? (satàn) significa “oppositore”; usato con l’articolo determinativo (?????????, hasatàn) – “l’oppositore” - si applica al diavolo (Gb 1:6). “L’articolo è impiegato per determinare un sostantivo dovunque sia richiesto . . . Quando termini che si applicano a intere categorie sono limitati (semplicemente dall’uso) a particolari individui . . . per es. ¦ ??? avversario ¦ ???? l’avversario, Satana” (Gesenius´ Hebrew Grammar, § 126, d, e). La parola greca d??ß???? (diàbolos) significa “calunniatore”. – Ap 12:1.
Ma c’è di più. Oggi il mondo a chi è sottoposto? Se all’inizio lo fu agli angeli e in futuro non lo sarà, oggi a chi è sottoposto? “Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1Gv 5:19). Che tuttora il maligno, “il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo” (Ap 12:9, TNM), abbia la disponibilità di questo mondo è indicato dal suo stesso vanto espresso a Yeshùa: “Gli mostrò in un attimo tutti i regni del mondo e gli disse: ‘Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni; perché essa mi è stata data, e la do a chi voglio’” (Lc 4:5,6). Non ci sono dubbi sul fatto che la Bibbia chiami satana “il governante di questo mondo”. – Gv 12:31.
Come accadde con questa ribellione degli angeli? Lo narra Is 14:13,14:

“Tu dicevi in cuor tuo: ‘Io salirò in cielo,
innalzerò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio;
mi siederò sul monte dell'assemblea,
nella parte estrema del settentrione;
salirò sulle sommità delle nubi,
sarò simile all'Altissimo”.

“Le stelle di Dio” sono, metaforicamente, gli angeli. Lo deduciamo dal parallelismo fatto in Gb 38:7 tra “stelle del mattino” e “figli di Dio”. Nel passo isaiano si dice che satana ‘in cuor suo’ aveva come obiettivo quello di innalzare ‘il suo trono’ (aveva quindi un trono) sopra gli angeli, per essere “simile all'Altissimo”.
Lo scopo di tutta l’attività demonica fu ed è di volgersi contro Dio. Dal suo inizio, che era giusto e perfetto, il diavolo e satana cadde nel peccato e nella degradazione. Avvenne in lui ciò che è detto da Giacomo: “Nessuno, quand'è tentato, dica: ‘Sono tentato da Dio’; perché Dio non può essere tentato dal male, ed egli stesso non tenta nessuno; invece ognuno è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce. Poi la concupiscenza, quando ha concepito, partorisce il peccato” (Gc 1:13- 15). A ragione Yeshùa disse di lui: “Egli fu un omicida quando cominciò, e non si attenne alla verità, perché in lui non c’è verità” (Gv 8:44; 1Gv 3:8, TNM). Qui Yeshùa afferma che un tempo satana era nella verità, ma poi l’abbandonò. Tra l’altro, questo passo mostra anche che Yeshùa credeva in un’entità cosciente e reale: satana è mostrato come una persona reale, in armonia con  tutte le Scritture in cui le azioni sataniche sono attribuibili solo a una persona e non a un astratto principio del male. Gli ebrei, e quindi anche Yeshùa e i suoi discepoli, sapevano e credevano che satana esistesse.
Scopo di tutta l’attività satanica fu ed è non solo quella di volgersi contro Dio, ma di volgere chiunque contro di Lui. L’“avversario, il diavolo, va attorno come un leone ruggente cercando chi possa divorare”. – 1Pt 5:8.
Cosa accadde dopo che “all’inizio Dio aveva creato i cieli e la terra” e prima che la terra divenisse “desolazione e deserto” (Gn 1:1,2a, Dia)? Prendendo a paragone il comportamento del re di Tiro, cui è rivolto un canto funebre, è detto del comportamenti di satana:

“Il tuo cuore si è insuperbito, e tu dici:
'Io sono un dio!
Io sto seduto su un trono di Dio’”. – Ez 28:2.

Si noti come Paolo parla di un futuro strumento di satana, chiamato “uomo del peccato” e che rispecchia l’attitudine satanica: “L'avversario, colui che s'innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio od oggetto di culto; fino al punto da porsi a sedere nel tempio di Dio, mostrando se stesso e proclamandosi Dio”. - 2Ts 2:4.
La superbia di satana lo volle portare ad essere lui stesso Dio al posto di Dio:

“Tu hai scambiato il tuo cuore per quello di Dio”. – Ez 28:6.

Nell’antropologia biblica il cuore è quello che per gli occidentali è la mente (Gn 6:5). Satana si sentiva quindi nella sua mente Dio. Di Dio voleva prendere il posto, lui, che è tuttora “il dio di questo mondo”. – 2Cor 4:4.

“Tu mettevi il sigillo alla perfezione,
eri pieno di saggezza, di una bellezza perfetta;
eri in Eden, il giardino di Dio”. – Ez 28:12,13a.

La “saggezza” e la “bellezza perfetta” iniziale di questa creatura, prima che degenerasse, era tale che metteva “il sigillo alla perfezione”.
Si noti come di lui viene detto: “Eri in Eden, il giardino di Dio”. Ora si presti attenzione a Gn 2:8: “Dio il Signore piantò un giardino in Eden”. Non è detto che Dio piantasse un giardino che poi avrebbe chiamato Eden, ma che piantò un giardino “in Eden”. Esisteva già, sulla terra (prima che divenisse “desolazione e deserto”, Gn 1:2a, Dia) un posto chiamato Eden, e lì c’era quello che poi sarebbe divenuto diavolo e satana. Questo ci rammenta Eb 2:5 in cui si dice che “non è ad angeli che Dio ha sottoposto il mondo futuro”, sottintendendo che quello antico lo fu.
Poeticamente, di satana si dice ancora:

“Eri un cherubino dalle ali distese, un protettore.
Ti avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio,
camminavi in mezzo a pietre di fuoco”. – Ez 28:14.

Prima di diventare satana, quella creatura era quindi un cherubino. I cherubini sono creature angeliche di un grado più elevato rispetto agli angeli. Nel reame invisibile, proprio come in quello visibile, esistono ordine e gradi. Si possono distinguere tre gerarchie con tre ordini ciascuna.

SERAFINI
(?????????, serafìm, “ardenti”)
Stanno attorno al trono di Dio (Is 6:2,6).
Hanno una posizione molto elevata.
“Ardono” d’amore per Dio. CHERUBINI
(?????????, keruvìm, “principi delle corti”)
Sono dislocati dove
c’è da sostenere la sovranità di Dio.
- Gn 3:24. TRONI
(??????, thònoi)
- Col 1:16.
SIGNORIE
(?????t?te?, küriòtetes)
- Col 1:16. PRINCIPATI
(???a?, archài)
- Col 1:16. AUTORITÀ
(????s?a?, ecsusìai)
- Col 1:16.
POTENZE
(d???µe??, dünàmeis)
- Ef 1:21 ARCANGELI
(??????e???, archàngheloi,
“capi degli angeli”)
- 1Ts 4:16; Gda 9. ANGELI
(??????????, malakhìm)
(???e???, àngheloi)
“messaggeri”

Colui che divenne poi satana, era dunque un cherubino, una creatura angelica dislocata dove c’era da rappresentare e sostenere la sovranità di Dio. In Eden, appunto. Quando, in seguito alla loro disubbidienza, Adamo ed Eva furono cacciati dall’Eden, Dio “pose a oriente del giardino d'Eden i cherubini” (Gn 3:23), evidentemente per sostituire il cherubino ribelle.

“Ti avevo stabilito, tu stavi sul monte santo di Dio
. . .
Tu fosti perfetto nelle tue vie
dal giorno che fosti creato,
finché non si trovò in te la perversità”. – Ez 28:14,15.

Quel cherubino, ‘perfetto nelle sue vie dal giorno della sua creazione’, ‘si insuperbì vantandosi di essere un dio e di stare seduto su un trono di Dio (Ez 28:2). Ecco la sua “perversità”.

“Il tuo cuore si è insuperbito per la tua bellezza;
tu hai corrotto la tua saggezza a causa del tuo splendore”. – Ez 28:17.

Nella raffigurazione già considerata di Is 14, in cui si parla a un tiranno re babilonese, si hanno parole rivolte sempre a satana in tono sarcastico:

“Come mai sei caduto dal cielo,
astro mattutino, figlio dell'aurora?”. – Is 14:12.

L’espressione tradotta “astro mattutino” è nel testo biblico ?????? (helèl), tradotto in greco dalla LXX con ??sf????  (eosfòros), “portatore dell’aurora” (da cui il parallelo “figlio dell’aurora”). La Vulgata latina tradusse helèl o eosfòros (“risplendente”) con lucifer (da lux, “luce”, e dal verbo fero, “portare”; quindi: “portatore di luce”). Da questa definizione biblica deriva l’italiano “Lucifero”.
Le stelle sono usate nella Bibbia anche come simbolo dei re della linea davidica (Nm 24:17). Si capisce allora come il re babilonese intendesse ‘innalzare il suo trono al di sopra delle stelle di Dio’ (Is 14:13), ovvero dominare su Israele. Sarcasticamente, questo gran “portatore di luce”, il re babilonese che con la sua brillante posizione ‘calpestava le nazioni’, “che faceva tremare la terra, che agitava i regni, che riduceva il mondo in un deserto, ne distruggeva le città” (Is 14:12,16,17), costui, fu “fatto discendere nel soggiorno dei morti, nelle profondità della fossa!” (v. 15). Dietro il re babilonese, però, c’è anche satana.
La “stella del mattino” è menzionata anche da Pietro: “Abbiamo inoltre la parola profetica più salda: farete bene a prestarle attenzione, come a una lampada splendente in luogo oscuro, fino a quando spunti il giorno e la stella mattutina [f?sf???? (fosfòros), “portatore di luce”] sorga nei vostri cuori” (2Pt 1:19). Questa “stella del mattino” è Yeshùa. Lo attesta lui stesso: “Io, Gesù . . . Io sono la radice e la discendenza di Davide, la lucente stella del mattino” (Ap 22:16). Ciò adempie Nm 24:17: “Una stella certamente verrà da Giacobbe” (TNM).
Chiamando satana “stella del mattino” la Bibbia gli dà sarcasticamente il nome che appartiene a Yeshùa. Ciò forse scandalizzerà i semplici, ma il nome Lucifero (“portatore di luce”, ?????? – helèl, ??sf????  - eosfòros, “stella del mattino”) appartiene di diritto a Yeshùa e viene attribuito in senso sarcastico a satana che diceva: “Io sono un dio! Io sto seduto su un trono di Dio” (Ez 28:2) e che alla fine cadde dal cielo. – Ez 28:2.
Tornando a ciò che accadde dopo la creazione dei cieli e della terra, e prima che la terra divenisse tohù vabohù, “desolazione e deserto”, si noti che al cherubino che era in Eden (quindi sulla terra) viene detto: “Oh come sei caduto dal cielo” (Is 14:12, TNM). Ciò significa che dalla terra aveva cercato di raggiungere il cielo. Era quella la sua intenzione: “Io salirò in cielo, innalzerò il mio trono” (Is 14:13). Nel tentare di spodestare Dio, satana riuscì a portare dalla sua parte molti angeli che divennero poi demòni.
Ci fu uno scontro titanico nei cieli. L’assalto satanico e demonico fu respinto. “Ci fu una battaglia nel cielo: Michele [un arcangelo, Gda 9] e i suoi angeli combatterono contro il dragone. Il dragone e i suoi angeli combatterono, ma non vinsero, e per loro non ci fu più posto nel cielo. Il gran dragone, il serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il seduttore di tutto il mondo, fu gettato giù; fu gettato sulla terra, e con lui furono gettati anche i suoi angeli”. – Ap 12:7- 9.
Il risultato fu che “la terra divenne desolazione e deserto” (Gn 1:2a, Dia). Era questa la condizione della terra prima che Dio vi mettesse mano per riordinarla in sei giorni. I resti fossili anche di grandi animali estinti, datati a milioni di anni, sono la testimonianza che resta. La stessa desolazione attuale dell’universo ne è una testimonianza.
Gn 2:1 riassume così: “Così furono compiuti i cieli e la terra e tutto l'esercito loro [ovvero con tutti i loro elementi mobili]”.
Che ne è ora di satana e dei suoi demòni? Questi demòni, capeggiati da satana, sono entità spirituali malvagie (Ef 6:11,12) che esercitano nel reame invisibile nelle immediate vicinanze del nostro pianeta (Ef 2:2) cercando di sviare il mondo intero (Ap 12:9). Attualmente è ancora satana “il principe di questo mondo” (Gv 12:31). Ancora oggi “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno”. - Gv 12:31.
Quei demòni – che, a differenza di tanti agnostici che non credono nell’esistenza di Dio, “credono e tremano” (Gc 2:19) –, quegli “angeli che non conservarono la loro dignità e abbandonarono la loro dimora”, sono custoditi “nelle tenebre e in catene eterne, per il gran giorno del giudizio”. – Gda 6.
Il destino finale del diavolo è quello di essere “gettato nello stagno di fuoco e di zolfo”, che simboleggia la morte eterna. – Ap 20:10; Mt 25:41.


ORNAMENTO DELLA TERRA E DEL CIELO .
DIO DISSE ANCORA : PRODUCA LA TERRA ERBE , PIANTE CHE FACCIANO SEMI E ALBERI FRUTTIFERI CHE DIANO FRUTTI SECONDO LA LORO SPECIE E CHE ABBIANO IN SE LA PROPRIA SEMENZA SOPRA LA TERRA . E COSI' FU . QUINDI LA TERRA PRODUSSE ERBE , PIANTE  , CHE FANNO SEME SECONDO LA LORO SPECIE , ALBERI CHE DANNO FRUTTI SECONDO LA LORO SPECIE E CHE HANNO IN SE LA PROPRIA SEMENZA . DI NUOVO FU SERA , POI FU MATTINA : TERZO GIORNO.

QUARTO GIORNO.
POI IDDIO DISSE : SIANO DEI LUMINARI NEL FIRMAMENTO DEL CIELO PER SEPARARE IL GIORNO DALLA NOTTE , E SIANO COME SEGNI PER  DISTINGUERE LE STAGIONI , I GIORNI E GLI ANNI , E SERVANO COME LUMINARI NEL FIRMAMENTO DEL CIELO PER DARE LA LUCE SOPRA LA TERRA . E COSI' FU . E IDDIO FECE I DUE GRANDI LUMINARI : IL LUMINARE MAGGIORE PER PRESIEDERE AL GIORNO E IL LUMINARE MINORE PER PRESIEDERE ALLA NOTTE , E LE STELLE  . E IDDIO LI POSE NEL FIRMAMENTO DEL CIELO PER DARE LA LUCE SOPRA LA TERRA , E PRESIEDERE AL GIORNO E ALLA NOTTE E PER SEPARARE LA LUCE DALLE TENEBRE . DI NUOVO FU SERA , POI FU MATTINA : QUARTO GIORNO.

QUINTO GIORNO.
POI IDDIO DISSE : BRULICHINO LE ACQUE DI UNA MOLTITUDINE DI ESSERI VIVENTI , E VOLINO GLI UCCELLI SOPRA LA TERRA IN FACCIA AL FIRMAMENTO DEL CIELO . COSI' IDDIO CREO' I GRANDI ANIMALI ACQUATICI E TUTTI GLI ESSERI VIVENTI CHE SI MUOVONO E DI CUI BRULICANO LE ACQUE SECONDO LA LORO SPECIE . E IDDIO LI BENEDI' , DICENDO: PROLIFICATE , MOLTIPLICATEVI E RIEMPITE LE ACQUE DEI MARI : E SI MOLTIPLICHINO PURE GLI UCCELLI SOPRA LA TERRA . DI NUOVO FU SERA , POI FU MATTINA:QUINTO GIORNO.

SESTO GIORNO : CREAZIONE DEGLI ANIMALI .
POI IDDIO DISSE : PRODUCA LA TERRA ANIMALI VIVENTI SECONDO LA LORO SPECIE ; ANIMALI DOMESTICI , RETTILI , BESTIE SELVAGGE DELLA TERRA , SECONDO LA LORO SPECIE . E COSI' FU. COSI' IDDIO FECE LE BESTIE SELVAGGE DELLA TERRA, SECONDO LA LORO SPECIE, GLI ANIMALI DOMESTICI SECONDO LA LORO SPECIE , E TUTTI I RETTILI DELLA TERRA , SECONDO LA LORO SPECIE.

STORIA DI ADAMO   
CREAZIONE DELL'UOMO. POI IDDIO DISSE : FACCIAMO L'UOMO A NOSTRA IMMAGINE , SECONDO LA NOSTRA SOMIGLIANZA . DOMINI SOPRA I PESCI DEL MARE , SUGLI ANIMALI DOMESTICI , SU TUTTE LE FIERE DELLA TERRA E SOPRA TUTTI I RETTILI  CHE STRISCIANO SOPRA LA SUA SUPERFICIE
.

IDDIO CREO' L'UOMO A SUA IMMAGINE ,
A IMMAGINE DI DIO LO CREO' ;
CREO' L'UOMO E LA DONNA







E IDDIO LI BENEDI'  E DISSE LORO : PROLIFICATE , MOLTIPLICATEVI E RIEMPITE IL MONDO, ASSOGGETTATELO E DOMINATE SOPRA I PESCI DEL MARE  E SU TUTTI GLI UCCELLI DEL CIELO E SOPRA TUTTI GLI ANIMALI CHE SI MUOVONO SOPRA LA TERRA . E IDDIO DISSE ANCORA: ECCO , IO VI  DO' OGNI PIANTA CHE FA SEME  , SU TUTTA LA SUPERFICIE DELLA TERRA  E OGNI ALBERO FRUTTIFERO , CHE FA SEME: QUESTI VI SERVIRANNO PER CIBO. ( N. B. INIZIALMENTE IDDIO DISSE AI NOSTRI PROGENITORI DI DOMINARE SOPRA OGNI ALTRO ESSERE VIVENTE E NON CHE AVESSERO  IL DIRITTO AL LORO STERMINIO NE' DI CIBARSI DI LORO MA COME LORO DI ESSERE VEGETARIANI ).
E A TUTTI GLI ANIMALI DELLA TERRA E A TUTTI GLI UCCELLI DEL CIELO E A TUTTO CIO CHE SULLA TERRA SI MUOVE , E CHE HA IN SE ANIMA VIVENTE , IO DO' L'ERBA VERDE PER CIBO.  E COSI' FU . DI NUOVO FU SERA , POI FU MATTINA : SESTO GIORNO.

ALL'ORA IL SIGNORE IDDIO FORMO' L'UOMO DALLA POLVERE DELLA TERRA E ALITO' NELLE SUE NARICI UN SOFFIO VITALE , E L'UOMO DIVENNE PERSONA VIVENTE.

 


FURONO COSI' COMPIUTI IL CIELO E LA TERRA E L'ORGANIZZAZIONE DI TUTTI GLI ALTRI ESSERI. AVENDO IDDIO RITENUTA FINITA , AL SETTIMO GIORNO , L'OPERA CHE AVEVA COMPIUTO , IL GIORNO SETTIMO CESSO' DA OGNI OPERA DA LUI FATTA  , E BENEDI' QUESTO GIORNO E  LO SANTIFICO' PERCHE IN ESSO AVEVA CESSATO DA OGNI OPERA DA LUI COMPIUTA , CREANDO.
GLI ANIMALI SONO STATI DOTATI DI ANIMA VIVENTE , MA L'UOMO VIVE PER QUEL SOFFIO VITALE , DIRETTA CONSEGUENZA DELL'INTERVENTO DI DIO CHE CI RENDE SIMILE A LUI , NON CERTO NEL FISICO , MA NELLO SPIRITO ETERNO CHE CI HA DONATO .

Gola; collo; desiderare
???(nèfesh) – la persona bisognosa   

La parola ebraica nèfesh (???) è una parola fondamentale nell’antropologia della Bibbia. Il lettore italiano la conosce nella sua traduzione di “anima”, quello inglese la conosce come “soul” e quello francese come “âme”. Tutte queste parole si rifanno alla traduzione greca della LXX (????, psüchè) e alla traduzione latina della Vulgata (anima) della Bibbia ebraica. Nelle Scritture Ebraiche la parola nèfesh compare 755 volte. La LXXgreca la rende con psüchè 600 volte. Il fatto che manchino all’appello 155 passi (in cui la LXXrende ovviamente l’ebraico nèfesh in altri modi) ci dice che già gli antichi avevano rilevato una diversità di significati in molti passi biblici.
Nel linguaggio ebraico la parola nèfesh fu usata senza alcun dubbio sin dall’inizio per definire l’essere umano. E con questo significato che appare per la prima volta applicata all’uomo nella Bibbia:
“Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne nèfesh vivente”. – Gn 2:7.   
La prima volta in assoluto la parola nèfesh appare nella Bibbia è in Gn 1:20, applicata agli animali. Ma a noi qui interessa l’essere umano.
Qual è il significato di nèfesh in Gn 2:7? Di sicuro non quello di “anima”. Nèfesh è visto in stretta relazione con la forma complessiva dell’essere umano. La persona non ha una nèfesh: l’essere umano è nèfesh e vive come nèfesh.
Ma non è tutto semplicemente qui, in questa definizione. Abbiamo visto, infatti, che il pensiero semitico considera una parte del corpo assieme alle sue particolari capacità o attività. Questa singola parte del corpo (presa per indicare la sua attività o capacità), a sua volta può essere assunta come segno distintivo di tutta la persona. Occorre quindi esaminare anche le singole parti.

1. Gola.
Partiamo da questa immagine:
“Lo sheòl ha dilatato la sua nèfesh
e ha spalancato la gola senza misura”.
- Is 5:14, traduzione letterale dall’ebraico.
Nel classico parallelismo ebraico, qui presente, nèfesh viene ad avere valore sinonimo di “gola”. Infatti è detto che si dilata. Ciò significa che qui nèfesh assume il significato di “gola” o “bocca”. È per questo che Ab 2:5 può riferirsi all’uomo avido definendolo come “colui che ha reso la sua nèfesh spaziosa proprio come lo Sceol, e che è come la morte e non si può saziare” (TNM, con sostituzione di nefesh – presente nel testo ebraico - ad “anima”). Qui nèfesh indica l’organo della nutrizione con cui l’uomo si sazia.
La liturgia del ringraziamento del Sl 107 recita al v. 9: “Egli ha ristorato la nèfesh assetata e ha colmato di beni la nèfesh affamata”. Qui si parla di nèfesh assetata e affamata. Di certo non si tratta si sete e di fame spirituali: “Essi vagavano nel deserto per vie desolate . . . Soffrivano la fame e la sete” (vv. 4,5). Non si tratta dunque di “anima”, ma di nèfesh come “gola” o “bocca” che ha fame e sete. Dice Ec 6:7: “Tutta la fatica dell'uomo è per la sua bocca, però la sua nèfesh non viene riempita”. La “bocca” o “gola” fa pensare all’organo che ha sempre bisogno di nuovo cibo. E viene presa come figura del bisogno di novità che gli esseri umani hanno sempre. Tanto che il saggio dice al v. 9: “Vedere con gli occhi vale più del lasciare vagare la nèfesh”, dove si allude all’avidità mai domata della gola presa come immagine di quello che gli occidentali chiamerebbero poeticamente “golosità” ma intellettualmente “necessità egoistica di chi si sente nel bisogno”. Per dirla con Giacomo: “Voi bramate e non avete” (Gc 4:2). Is 29:8 parla di “un affamato” che “sogna ed ecco che mangia, poi si sveglia e la sua nèfesh è vuota”.
È precisamente nella sua nèfesh che la persona sente che non può vivere con le sue sole risorse:
“Il Signore non permette che la nèfesh del giusto soffra la fame,
ma respinge insoddisfatta l'avidità degli empi”. – Pr 10:3.
Anche questo passo indica chiaramente che nèfesh è qui sinonimo di “gola” e, contemporaneamente, indica che il termine allude allo stato di bisogno umano. La nèfesh saziata del giusto sta in antitesi al ventre vuoto del malvagio: “Il giusto mangia fino a saziare la nèfesh sua, ma il ventre dei malvagi sarà vuoto”. - Pr 13:25, TNM, con sostituzione di “nèfesh” ad “anima”.
Si noti Pr 28:25: “Chi ha l’anima arrogante suscita contesa, ma chi confida in Geova [yhvh nella Bibbia] sarà reso grasso” (TNM). Ciò che viene reso con “anima arrogante” è nella Bibbia ???????????? (rechàv- nèfesh): e che di altro si tratta se non della gola spalancata? Questo sta ad indicare l’uomo che vuole con eccessiva avidità soddisfare ad ogni costo il suo bisogno (cfr. Ab 2:5 già commentato). Con il suo linguaggio sempre concreto, l’ebraico biblico usa una parte del corpo umano – qui, la gola – per indicare una funzione che assume significato anche morale, e che TNM rende, mischiando il letterale nèfesh (reso “anima”) con l’occidentale “arrogante”.  
Che nèfesh stia ad indicare l’uomo bisognoso è provato anche dal fatto che la parola indica la “gola” che viene ristorata da Dio.
“Quelli verranno e canteranno di gioia sulle alture di Sion,
affluiranno verso i beni del Signore:
al frumento, al vino, all'olio,
al frutto delle greggi e degli armenti;
essi saranno come un giardino annaffiato,
non continueranno più a languire”. – Ger31:12.
Al v. 25 è detto: “Poiché io ristorerò la nèfesh stanca, sazierò ogni nèfesh languente”.
Sete, acqua e nèfesh sono nella Bibbia collegati spesso tra loro: “Una buona notizia da un paese lontano è come acqua fresca per una nèfesh stanca e assetata” (Pr 25:25). Qui nèfesh assume il valore di “gola”. Si confrontino:
“La mia nèfesh è assetata di Dio”. - Sl 42:2. “E ora siamo inariditi; non c'è più nulla!”. - Nm 11:6.

In quanto organo che sente la fame e la sete, nèfesh è anche l’organo della percezione dei sapori: “La nèfesh sazia calpesterà il miele di favo, ma alla nèfesh affamata ogni cosa amara è dolce” (Pr 27:7, TNM, con sostituzione di nèfesh ad “anima”). Ovviamente la nèfesh affamata, che percepisce come dolci anche le vivande amare, cioè la “bocca”, è considerata complessivamente come organo del gusto insieme alla lingua e al palato. È ovvio che non è la bocca che disprezza il miele e lo calpesta, ma l’uomo, il cui comportamento è dettato dalla sazietà della bocca.
La nèfesh non percepisce solo il gusto piacevole, ma anche quello sgradevole. Israele si lamenta: “Non c’è pane e non c’è acqua, e la nostra nèfesh ha preso ad aborrire il pane spregevole” (Nm 21:5b, TNM, con sostituzione di nèfesh ad “anima”).
La nèfesh non è considerata solo come organo della nutrizione, ma anche come organo del respiro: la zebra o asina o cammella (secondo le traduzioni) di Ger 2:24, “abituata al deserto, alla brama della nèfesh” “fiuta il vento” (TNM, con sostituzione di nèfesh ad “anima”). Così, ad esempio, rantola la madre impotente di Ger 15: 9: “La donna che [ne] partoriva sette è deperita; la sua nèfesh ha ansimato” (TNM, con sostituzione di èefesh ad “anima”). In Gn 35:18 mentre Rachele muore “la sua nèfesh se ne usciva” (TNM, con sostituzione di nèfesh ad “anima”; da qui in avanti, in questo studio, citando TNM non sarà più apposta la nota precedente: al suo posto comparirà TNM*). Si tratta del respiro che esce, appunto, dalla bocca, come se fosse la bocca stessa ad andarsene. Allo stesso modo la nèfesh, il respiro della bocca, torna nel figlio della vedova di Sarepta: “Mio Dio, ti prego, fa che la nèfesh di questo fanciullo torni in lui”. - TNM*.
La “bocca” o “gola”, pertanto, in quest’anatomia ancora primitiva sta ad indicare sia il condotto della respirazione che quello della nutrizione.
Se “le acque” “circondarono fino alla nèfesh” c’è il pericolo di affogare (Gna 2:5, TNM*). “Allora le medesime acque ci avrebbero travolti, il torrente stesso sarebbe passato sulla nostra nèfesh”. - Sl 124:4, TNM*; cfr. Is 8:8;30:28: “Inonderà e passerà sopra. Giungerà fino al collo”, “Come un torrente che straripa, giungendo fino al collo”, TNM.
Solo se si considera la nèfesh come organo del respiro diventano comprensibili i tre passi biblici in cui la radice vnfsh (v???) viene usata con valore verbale:
“Alla fine il re e tutto il popolo che era con lui arrivarono stanchi. Là dunque si ristorarono”. – 2Sam 16:14, TNM. ?????????? (ynapèsh)
“tirarono il fiato”
“Per sei giorni devi fare il tuo lavoro; ma il settimo giorno devi desistere, perché il tuo toro e il tuo asino si riposino e il figlio della tua schiava e il residente forestiero si ristorino”. – Es 23:12, TNM. ????????? (ynapèsh)
“tirino il fiato”
“In sei giorni Geova fece i cieli e la terra e il settimo giorno si riposò e si ristorava”. – Es 31:17, TNM. ?????????? (ynapàsh)
“tirò il fiato”

Anche in accadico (la vera sorgente delle lingue, anziché il mitologico e mai esistito indoeuropeo) la forma napashu  significa soffiare, sbuffare, respirare liberamente (cfr. W. Von Soden, Ahw, pag. 736, e Nephesh, pag. 119). Sempre in accadico, napishtu indica in primo luogo la gola, poi la vita e infine un essere vivente (Ahw, ibidem pag. 738). In ugaritico npsh (le stesse identiche consonanti dell’ebraico nèfesh, essendo la p/f la stessa lettera, ?, di cui cambia solo la pronuncia) indica la gola, l’appetito, il desiderio. L’arabo nafsun può ugualmente indicare il fiato, l’appetito, la vita e la persona. La semantica della parola ebraica nèfesh mostra molti paralleli con le lingue semitiche affini.

2. Collo.
Quanto naturale sia il passaggio per la mentalità ebraica tra la nèfesh- gola e il collo ce lo ha già mostrato il passo di Gna 2:5, che nell’ebraico suona:
“L’acqua mi saliva fino alla nèfesh”
In Is 8:8;30:28 troviamo: “Inonderà e passerà sopra. Giungerà fino al collo”, “Come un torrente che straripa, giungendo fino al collo”, TNM). Si noti che il “collo” non è altro che la parte esterna della “gola”. Anche Sl 105:18 pensa esclusivamente alla parte esterna del collo: “Afflissero con i ceppi i suoi piedi, la sua nèfesh entrò nei ferri” (TNM*). Che qui si tratti del collo e non della sua “anima” è chiaramente indicato dal riferimento alle catene e dall’espressione parallela riguardo ai piedi. Quando in Is 51:23 Dio parla degli aguzzini di Israele, così dice al popolo: “Hanno detto alla tua nèfesh: ‘Inchinati affinché passiamo’”, e che qui si tratti di nèfesh come collo è confermato dalle parole successive: “Rendevi il tuo dorso proprio come la terra, e come la via per i passanti” (TNM*). Ciò avveniva secondo l’uso dei vincitori di mettere il proprio piede sulla nuca del vinto in segno della sua sconfitta.
Così, anche in Sl 44:25 nèfesh è il collo: “La nostra nèfesh si è chinata fino alla stessa polvere; il nostro ventre si è attaccato alla medesima terra”. - TNM*.
Come si deve intendere Is 3:20? Vi si legge: “Le acconciature per il capo e le catenelle dei piedi e le fasce per il petto e le ‘case dell’anima’ e le tintinnanti conchiglie ornamentali” (TNM). La nota in calce di TNM ha: “Probabilmente recipienti per profumo”, ma è solo una strana opinione. Infatti, perché mai dei flaconi che contengono profumo dovrebbero essere chiamati “case della nèfesh”? Questo strano oggetto compare tra molti altri (vv.18- 23, TNM), che sono:
- anelli per le caviglie
- nastri per la testa
- ornamenti a forma di luna
- ciondoli
- braccialetti
- veli
- acconciature per il capo
- catenelle dei piedi
- fasce per il petto
- tintinnanti conchiglie ornamentali - anelli per le dita
- anelli da naso
- lunghe vesti da cerimonia
- sopravvesti
- mantelli
- borsette
- specchi a mano (?!)
- sottovesti
- turbanti
- larghi veli.    

Si noti che tutti questi sono oggetti o capi da indossare, eccezion fatta per gli “specchi a mano” (a mano?!). Questa ultima è una fantasiosa traduzione. In verità, la parola ebraica che c’è dietro è ??????????? (ghilynìm), che compare solo qui e, al singolare, in Is 8:1 dove è tradotta “tavoletta”. I dizionari di ebraico biblico, su questa parola hanno dei dubbi e, nella traduzione, riportano: “Spiegel? / mirror? / speculum? / specchio?”. I dubbi permangono. Potrebbe trattarsi di qualche specie di “tavoletta” ornamentale? Forse una specie di medaglione? Può darsi. La “tavoletta” di 8:1, per quanto grande, doveva contenere solo quattro parole: “Maher- Shalal- Hash- Baz”. Comunque, il fatto che gli oggetti menzionati siano tutti indossabili, ci suggerisce che anche lo strano oggetto chiamato “case della nèfesh” lo sia.
Non di rado il nome di queste suppellettili sono in stretta connessione con la parte del corpo che esse adornano. Perciò, si deve qui pensare ad una specie di collana con diversi amuleti. Questi amuleti ce li possiamo immaginare vuoti al loro interno e a forma di piccole case. “Le case della nèfesh” non sarebbero altro, allora, che ‘amuleti a forma di piccole case intorno al collo- nèfesh’. Anche in Ez 24:21 “l’oggetto della compassione della vostra anima” (TNM) potrebbe indicare un ornamento che si porta a collo. L’ebraico ha ??????? ?????????? (machmàl nafeshechèm): “oggetto della vostra nèfesh”; la “compassione” di TNM non compare nel testo biblico. Ma vi compaiono “l’orgoglio della vostra forza, la cosa desiderabile ai vostri occhi”, riferito al Tempio. Nel linguaggio concreto della Bibbia è normale che il Tempio venga definito “orgoglio della vostra forza, delizia dei vostri occhi” (NR) e “oggetto/gioiello [da portare] al vostro collo- nèfesh”. Così anche nel parallelismo di Pr 3:22: “Esse [la saggezza e la riflessione] saranno vita per la tua nèfesh e fascino per la tua gola” (TNM*): nèfesh/collo- gola.
Ci si soffermi ora su questi passi:
“Non colpiamo a morte la sua nèfesh [l’ebraico ha: “alla nèfesh”]”. – Gn 37:21.
“Può realmente colpire la sua nèfesh [l’ebraico ha: “alla sua nèfesh”] a morte”. Dt 19:6.
“Ha lui stesso mandato Ismaele figlio di Netania per colpire la tua nèfesh?”. – Ger 40:14.

(TNM*)
Si vedano ora gli stessi passi tradotti da NR:
“Non togliamogli la vita”. – Gn 37:21.
“Potrebbe . . . colpirlo a morte”. Dt 19:6.
“Ha mandato Ismael, figlio di Netania, per toglierti la vita?”. – Ger 40:14.

NR non riproduce il linguaggio concreto ebraico e usa espressioni astratte, rendendole certo comprensibili al lettore occidentale, ma facendogli perdere il gusto della freschezza biblica. TNM, che ama stare sul letterale, fa invece fatica a tradurre e deve correggere l’originale “colpire alla nèfesh” nel non letterale “colpire la nèfesh” che, diventando “colpire l’anima”, disorienta il lettore. Solo i Testimoni di Geova (gli unici che usano questa traduzione) sanno interpretare “colpire l’anima”, perché è stato detto loro che nèfesh significa “corpo” oppure “vita”. Il bello è che non è così semplice. Qui non significa né corpo né vita, ma “gola” o “collo”. Ecco perché la Bibbia dice “colpire a” e non ‘colpire il’. Questo si chiama linguaggio concreto, che è poi quello ebraico della Scrittura. Ecco tutta la freschezza del testo originale:
“Non colpiamolo alla gola”. – Gn 37:21.
“Potrebbe . . . colpirlo alla gola”. Dt 19:6.
“Ha mandato Ismael, figlio di Netania, per colpirgli il collo?”. – Ger 40:14.

Chissà, forse è anche questo il senso concreto di Lc 2:35 che rivolge questa profezia alla madre di Yeshùa: “Una spada ti trafiggerà la gola”. La spada le arriva fino alla nèfesh- gola. Di certo l’immagine è tragicamente concreta: si avverte quasi il dolore penetrante che prende allo stomaco e da lì arriva alla gola. Ma il testo è in greco, e abbiamo la famosa parola psüchè, mutuata dalla LXX. Bisogna però dire che i traduttori non comprendono il semitismo: gli scrittori delle Scritture Greche scrivono sì in greco, ma pensano in ebraico.
Ma non è solo la spada ad insidiare il collo. Anche un cappio serve allo scopo. Ecco allora che la negromante di Endor dice a Saul travestito: “[Perché] agisci come uno che tende trappole contro la mia nèfesh per farmi mettere a morte?” (1Sam 28:9, TNM*). Dietro il linguaggio pomposo della traduzione, l’ebraico dice: “Perché vuoi mettere un cappio intorno alla mia nèfesh così da farmi morire?”. Qui l’immagine rimanda ad una parte precisa del corpo: il collo- gola- nèfesh. Lo stesso vale per Sl 124:7:
“La nostra nèfesh è come un uccello che è scampato
dalla trappola degli adescatori”. – TNM*.
Si noti come è chiaro in Pr 18:7: “La bocca dello stupido è la sua rovina, e le sue labbra sono un laccio per la sua nèfesh” (TNM*). Intanto abbiamo il parallelismo bocca/gola- collo/nèfesh, poi l’immagine del proferire dello stolto che lo prende alla gola e lo strangola. L’occidentale direbbe: Si condanna da solo con le sue parole. Il semita, concreto: Le sue labbra (concretezza per “parole”) diventano un laccio che gli si stringe alla gola.
Appare quindi evidente che anche il nèfesh- collo, esattamente come la nèfesh- gola (ovvero la parte esterna e quella interna dello stesso organo) indicano la persona, che prostrata e in pericolo, è un essere bisognoso di aiuto.

3. Desiderare.
Abbiamo visto che la nèfesh come collo e gola fa riferimento al bisogno dell’uomo: mangiare, bere, respirare, scampare dal pericolo. La parola nèfesh è quindi strettamente connessa anche a nozioni vitali come desiderare, bramare, aspirare, domandare, chiedere.
Questo ultimo è inequivocabilmente il caso di tutti quei passi biblici in cui la nèfesh umana viene situata al di fuori della persona stessa.
Si prenda Sl 35:25:
“Oh non dicano nel loro cuore: ‘Aha, la nostra nèfesh!’.
Non dicano: ‘Lo abbiamo inghiottito’”. – TNM*.
Qui il salmista immagina le parole dei suoi persecutori che già dicono: “Ah! La nostra nèfesh!”. Della nèfesh di chi si parla? Di quella del salmista. I suoi persecutori possono rallegrarsi e dire: “La nostra nèfesh! Lo abbiamo divorato!”. Qui il salmista è rappresentato come nèfesh dei suoi nemici. E non possiamo davvero pensare in termini di “collo” o di “gola” dei suoi nemici. Possiamo pensare qui al salmista- nèfesh solo come oggetto del desiderio, della bramosia dei suoi persecutori: un oggetto del loro godimento. Ottima la traduzione di NR: “Che non dicano in cuor loro: ‘Ah, ecco il nostro desiderio!’. Che non dicano: ‘Lo abbiamo divorato’”. TNM ricorre alla nota in calce: “Cioè, ‘Quello che le nostre anime volevano!’”, ma sbaglia bersaglio, perché non si tratta delle “anime” dei persecutori ma della nèfesh (l’ebraico ha il singolare) del salmista che essi volevano.
Quando Pr 13:2b dice che “la medesima nèfesh di quelli che agiscono slealmente è violenza” (TNM*), sta indicando con nèfesh la bramosia o il desiderio dei prevaricatori. È questo desiderio- nèfesh che è violenza. Qui la nota in calce di TNM sembra avvicinarsi di più: “Ma la medesima anima (desiderio dell’anima) di” (il grassetto è loro), ma dimostra di non comprendere del tutto il punto se parla del “desiderio dell’anima di”. Se abbiamo inteso bene, la frase della nota è intercambiabile con quella del testo, per cui avremmo: “Ma il medesimo desiderio dell’anima di quelli che agiscono slealmente è violenza”. Se è così, l’espressione ebraica non è stata compresa. Il passo dice: “Il desiderio- nèfesh dei perfidi è violenza”. Si veda come questo intendimento errato porta alla confusione in Pr 23:2 in TNM*: “Ti devi mettere un coltello alla gola se sei proprietario [di un desiderio] della nèfesh”. È ovvio che qui la nèfesh è quella di chi farebbe meglio a mettersi un coltello alla gola piuttosto che essere dominato interamente dall’istinto della fame. Secondo la dottrina dei traduttori, la nèfesh “si riferisce all’intera persona” (Cosa accade quando si muore? pag. 19, § 6). Avremmo quindi un ‘proprietario [di un desiderio] della persona stessa’. Sembra un gioco di parole. Ma se il “proprietario” è ‘la persona stessa’, il passo direbbe che si tratta di un ‘proprietario [di un desiderio] del proprietario’. Ne viene fuori una tautologia che non ha senso. Meglio affidarci al testo biblico: “Ti devi mettere un coltello alla gola se possiedi un desiderio- nèfesh”. Ancora una volta nèfesh assume il valore di “desiderio”. È, infatti, uno di quei casi in cui nèfesh appare al di fuori della persona. In questi casi nèfesh designa non un desiderio dell’anima, ma il desiderio stesso, l’istinto umano del desiderare.
L’oscura frase di TNM* che rende Os 4:8 dice:
“Continuano a divorare il peccato del mio popolo, e al loro errore continuano a innalzare la loro nèfesh”.
Qui si dice: “Si nutrono avidamente dei peccati del mio popolo, sollevano la loro nèfesh- gola verso la sua colpa”. L’immagine è quella di persone fameliche che allungano avidamente il collo per divorare il cibo. La parola nèfesh assume qui il valore di “bocca” unito a quello di “bramosia”.
In tal modo l’organo viene collegato alle sue specifiche emozioni, facendo riferimento al corrispondente comportamento della persona intera. Un occidentale direbbe, in modo astratto, che una persona provando certe emozioni agisce in un certo modo. La praticità dell’ebreo dei tempi biblici fa invece questo ragionamento: Il desiderio nasce in gola, quindi la gola è sede del desiderio, e siccome l’uomo è nèfesh,il suo bramare è gola- nèfesh. Qualcosa di simile l’occidentale lo esprime dicendo di qualcosa: “Mi fa gola”.
Di Sichem e di Dina è detto in Gn 34:2,3:
“Sichem figlio di Emor l’ivveo, un capo principale del paese, la vedeva, e quindi la prese e giacque con lei e la violentò. E la sua nèfesh si stringeva a Dina figlia di Giacobbe, e si innamorò della giovane e parlava alla giovane in maniera persuasiva”. – TNM*.
Per essere più letterali ci riferiamo al testo ebraico: “Aderì nèfesh di lui a Dina” (?????????? ???????? ?????????, tidbàq nafshù bedinàh). Non si deve qui pensare all’aderire fisico del corpo durante il rapporto sessuale. Se ci si limita a fare l’equazione nèfesh = persona potrebbe sembrare così. Ma si noti che il rapporto fisico era già stato detto per ben tre volte con le parole: “La prese, giacque con lei e la violentò”. Solo dopo il rapporto fisico è detto che la “nèfesh di lui aderì a Dina”. Il significato vero della frase lo si può anche desumere dalle parole che, nella frase, seguono come logica conseguenza: “E si innamorò della giovane”. Quindi, ‘l’aderire della nèfesh’ mette in risalto l’avido desiderio di un’unione duratura. Tanto è vero che poi chiederà di sposarla.
Anche l’amore paterno e l’amore per un amico è un sentimento che si compie con la nèfesh: “Appena andrò da mio padre, tuo schiavo, senza [avere] con noi il ragazzo, essendo la nèfesh di quello legata alla nèfesh di questo […]” (Gn 44:30, TNM*), “La medesima nèfesh di Gionatan si legava alla nèfesh di Davide”. - 1Sam 18:1, TNM*; “medesima” è solo un’aggiunta superflua di TNM, che ama aggiungere spesso questo aggettivo inutile.
La nèfesh- desiderio è generalmente il desiderio non sazio che spinge all’azione. Per questo in Pr 16:26 si può dire: “La nèfesh di chi lavora duramente ha lavorato duramente per lui, perché la sua bocca ha fatto duramente pressione su di lui” (TNM*). Ancora una volta non si tratta semplicemente della persona o del corpo della persona, altrimenti dovremmo ammettere una strana tautologia senza senso in cui il corpo di una persona lavorerebbe per quella stessa persona. Invece, essendo qui la nèfesh vista come qualcosa di esterno alla persona, siamo nel classico caso in cui si tratta di nèfesh- desiderio. Questo “bramare” della persona è chiamato nèfesh e la “bocca” lo suscita. Si tratta della gola (fame) in azione.
In Dt 23:24 troviamo questa fame all’opera. Dobbiamo citare da TNM* perché è più letterale, ma dovremo poi fare delle osservazioni sulla tradizione. Il passo recita in italiano: “Nel caso che tu entri nella vigna del tuo prossimo, devi mangiare solo abbastanza uva per saziare la tua nèfesh, ma non ne devi mettere in un tuo recipiente”. Intanto non si tratta di occasione fortuita, per cui l’espressione usata dalla traduzione (“nel caso che”) è fuori luogo. Qui si tratta di una persona affamata, non di qualcuno che passeggia e per caso capita in una vigna: l’ebraico inizia la frase con ???? (ki): “Quando”. Poi non si tratta di saziare la nèfesh come se fosse ‘se stesso’ (nota in calce di TNM); l’ebraico ha ???????????? (kenafshècha): “Secondo la tua nèfesh), ovvero secondo il bisogno- nèfesh (nel testo ebraico è al v. 25). Con la sazietà è fissato il confine della nèfesh in quanto desiderio/bisogno soddisfatto.
La nèfesh in quanto tale rappresenta il desiderio che non conosce vincoli. Se qualcuno voleva dividersi da una donna fatta prigioniera in guerra, poteva mandarla via “a gradimento della sua propria nèfesh”, ovvero secondo il desiderio di lei, affidandosi alla volontà della donna (Dt 21:14, TNM*), così come venivano liberati gli schiavi “col consenso della loro nèfesh”. - Ger 34:16, TNM*.
Ancora più frequente è l’uso di nèfesh per indicare la persona nel suo ardente desiderio. Così, Sl 42:2, usando l’immagine di chi muore di sete, dice: “La mia nèfesh in realtà ha sete di Dio” (TNM*). E così, in 1Sam 1:15 troviamo la sterile Anna che sfoga la sua nèfesh (il suo ardente desiderio insoddisfatto) davanti a Dio e dice: “Verso la mia nèfesh”. - TNM*.
L’ammonimento di Dt 6:5 di amare Dio con tutta la propria nèfesh sta quindi ad indicare che la persona dovrebbe coinvolgere tutta la sua vitalità e tutta la sua ardente aspirazione nell’amore del Dio unico di Israele. Si veda Flp 1:27: “State fermi in un solo spirito, combattendo a fianco a fianco con una sola anima” (TNM), in cui “una sola anima” significa in una comune aspirazione, in parallelo a “in un solo spirito”, e non “come un sol uomo”.

DALLA TERRA DUNQUE VENNERO CREATI  ADAMO E TUTTI GLI ANIMALI DELLA TERRA. CIO' NON AVVENNE PER EVA CHE VENNE CREATA NON DALLA TERRA MA DA UNA COSTOLA DI ADAMO , DA UN OSSO , UNA DELLA PARTI PIU' SOLIDE , PIU' ROBUSTE DEL CORPO UMANO , PIU' VICINA AL SUO CUORE , E NON GIA' DALLA TESTA O DAI PIEDI , E QUESTO VORRA' PUR SIGNIFICARE QUALCOSA , DAL MOMENTO CHE IL SIGNORE IDDIO NON FA MAI NULLA PER CASO.

La creazione della donna
la posizione della donna all'origine del mondo
“Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina” (Gn 1:27). Qui siano al primo racconto genesiaco della creazione dell’essere umano. Si noti come dopo aver detto “lo creò”, al singolare, il testo prosegue con “li creò maschio e femmina”. Yeshùa ricordò ciò in Mr 10:6: “Al principio della creazione Dio li creò maschio e femmina”.
Nel secondo racconto genesiaco della creazione si legge: “Dio il Signore formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un'anima vivente . . . Poi Dio il Signore disse: ‘Non è bene che l'uomo sia solo; io gli farò un aiuto che sia adatto a lui’ . . . Allora Dio il Signore fece cadere un profondo sonno sull'uomo, che si addormentò; prese una delle costole di lui, e richiuse la carne al posto d'essa. Dio il Signore, con la costola che aveva tolta all'uomo, formò una donna e la condusse all'uomo. L'uomo disse: ‘Questa, finalmente, è ossa delle mie ossa e carne della mia carne. Ella sarà chiamata donna perché è stata tratta dall'uomo’”. - Gn 2:7,18,21- 23.
Iniziamo con il vedere i vocaboli. “Dio creò l’uomo” (Gn 1:27): nel testo ebraico la parola “uomo” e ????? (adàm). Questo adàm fu formato “dalla polvere della terra” (Gn 2:7): in ebraico “terra” è ??????? (adamà). Tanto per capire, la relazione è come tra “terra” e “terroso” in italiano. Nel testo biblico si usa ??????? (hadàm), con l’articolo: “il terroso”.  Quando però più avanti Adamo dice che la sua compagna appena creata da Dio “sarà chiamata donna perché è stata tratta dall'uomo’” (Gn 2:23), compare una nuova parola per “uomo”: ????? (ysh). La dichiarazione di Adamo fornisce anche l’etimologia per il nome dato alla compagna, ovvero “donna”. In molte lingue occidentali, tra cui l’italiano, il collegamento non si coglie, perché si hanno nomi diversissimi tra loro: in italiano, uomo e donna; in inglese man e woman; in francese, homme e femme; in spagnolo hombre e mujer; in tedesco mann e frau. Nell’ebraico il collegamento è evidente perché si ha la stessa parola (al maschile e al femminile): il nome “donna” è ??????? (ishà). Ysh e ishà: “uomo” e (se ci è consentita la licenza) “uoma”. Se vogliamo essere più precisi: uomo maschio e uomo femmina. La traduzione greca della LXX è precisa, essendo il greco una lingua molto ricca. Quando in Gn 1:27 si dice che Dio creò l’uomo (maschio e femmina), si usa la parola ?????p?? (ànthropos), che indica l’essere umano, sia maschio che femmina; quando in Gn 2:23 si distingue l’uomo dalla donna, si usano le parole ???? (anèr) per “uomo” e ???? (günè) per “donna”; da queste parole derivano le italiane antropologia (studio dell’essere umano), andrologia (studio dell’essere umano maschio) e ginecologia (studio dell’essere umano femmina).
Se osserviamo il susseguirsi della creazione divina, notiamo che è tutto un crescendo. Dalla vegetazione si passa agli animali per giungere infine all’essere umano. L’ultima creazione di Dio è il suo capolavoro: la Donna.
Oggi, nella condizione attuale dell’umanità, la posizione della donna è molto offuscata. Lo è da millenni, sin da subito dopo la caduta di Adamo ed Eva.
Nel primo secolo della nostra èra dei farisei si avvicinarono a Yeshùa “per metterlo alla prova, dicendo: ‘È lecito mandare via la propria moglie per un motivo qualsiasi?’”. “Egli rispose loro: ‘Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne? Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi’” (Mt 19:4- 6). Yeshùa richiama qui Gn 2:24: “L'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne”. Quei maschilisti farisei replicarono: “Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?” (Mt 19:7). Qui i farisei si riferiscono a Dt 24:1 in cui si legge. “Quando un uomo sposa una donna che poi non vuole più, perché ha scoperto qualcosa di indecente a suo riguardo, le scriva un atto di ripudio, glielo metta in mano e la mandi via”. Come conciliare le parole di Yeshùa (“Quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi”) con la prescrizione mosaica? Lo spiega lo stesso Yeshùa: “Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli” (Mt 19:8). Non va dimenticato che al tempo di Mosè la società era quella che era, come del resto lo è oggi. L’umanità, allora come oggi, non è composta da persone che seguono il bene: “Tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1Gv 5:19). Con la norma mosaica erano tutelati in un certo modo i diritti e gli interessi della moglie. La norma regolava quella che era una pratica non giusta. I motivi per cui era concesso il divorzio dovevano riguardare in origine questioni gravi. Di certo, comunque, non si trattava di adulterio, perché la Legge decretava la pena di morte per gli adulteri (Dt 22:22- 24), non semplicemente in divorzio. Della possibilità di divorziare, in seguito si abusò. Al tempo di Malachia si divorziava per un nonnulla solo per sbarazzarsi semplicemente della moglie, con il permesso di sacerdoti permissivi (Mal 2:10- 16). Al tempo di Yeshùa si era ormai giunti a divorziare per futili motivi, tanto che i farisei domandano a Yeshùa se “è lecito mandare via la propria moglie per un motivo qualsiasi”. - Mt 19:3.                               
Yeshùa si rifà al disegno divino originale: “Non avete letto che il Creatore, da principio . . .” (Mt 19:4). “L'Eterno, il Dio d'Israele, dice che egli odia il divorzio”. - Mal 2:16.
Vediamolo, dunque, il disegno divino originale per la donna.
Riferendosi al primo uomo, Dio dice: “Non è bene che l'uomo sia solo; io gli farò un aiuto conveniente a lui” (Gn 2:18, ND). Questa dichiarazione è molto importante, per cui non ci accontentiamo della prima traduzione. “Gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”, traduce CEI. TNM preferisce: “Gli farò un aiuto, come suo complemento”; Con: “Gli farò un aiuto degno di lui”; NR: “Un aiuto che sia adatto a lui”. Pare che i traduttori siamo almeno d’accordo su una parola: “aiuto”. Vediamo la Bibbia, ora:

????? ???????????
eser keneghedòu

Èser. La Bibbia s’interpreta con la Bibbia, per cui vediamo il senso che la parola ebraica èser (?????)assume nella Scrittura. In Ger 47:4 ha indubbiamente il senso di aiuto; vi si parla di “ogni superstite che prestava aiuto” (TNM). In Ez 31:21 appare una nuova sfumatura quando vi si parla di “quelli che gli davano soccorso”. In Sl 10:14 èser si arricchisce di significato; di Dio vi si dice: “Tu sei il sostegno”. “Dio è il mio aiuto”, recita Sl 54:4. Così in Sl 30:10: “O Signore, sii tu il mio aiuto!”.
La donna fu creata come “aiuto / soccorso /sostegno”. Oggi si dice che l’uomo deve sostenere la donna e aiutarla. All’origine dell’umanità era il contrario.
Keneghedòu. Si tratta di tre parole: ??? (ke) sta per “come”; la ? (u) finale significa “lui”; la parola ?????? (nèghed) è quella che ci interessa.
Nèghed. Letteralmente significa “di fronte a”. Questa parola è usata, ad esempio, riferita all’atteggiamento che i conquistatori ebrei di Gerico dovevano tenere mostrando la loro decisione nell’avanzare verso la vittoria: “Ciascuno diritto davanti a sé” (Gs 6:5). L’innamorato della bella sulammita le dice: “Allontana gli occhi da me, il tuo sguardo mi turba” (Cant 6:5, PdS); letteralmente: “Allontana i tuoi occhi d’innanzi a me”. Il senso non quello arido e spoetizzante di TNM: “poiché essi stessi mi hanno allarmato” (sic), ma quello di turbamento suscitato dal femminile sguardo della sulammita.
Eva era per Adamo non un “complemento” (TNM) e neppure semplicemente “un aiuto che sia adatto a lui” (NR). La donna era “come una che gli sta di fronte” (???????????, keneghedòu).
Il fatto che Adamo avesse bisogno di un “aiuto” (èser,?????) indica che di per sé l’uomo da solo non ce la faceva. La donna costituiva il “soccorso” (èser,?????) e il “sostegno” (èser,?????).
Il fatto che la donna era “come una che gli sta di fronte” (???????????, keneghedòu) non indica affatto la sua sottomissione all’uomo. Al contrario, indica la sua totale parità con l’uomo. Parità, ma con una marcia in più data da quell’ èser (?????), “aiuto/soccorso/sostegno”. Questa condizione femminile di parità con l’uomo, stabilita da Dio all’inizio, sarà di nuovo quella della donna escatologica: “Non c'è né maschio né femmina; perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù”. - Gal 3:28.
Perché da quella condizione iniziale di parità si giunse al maschilismo? Per il peccato. Per ciò che riguarda la donna, le conseguenze della caduta di Adamo ed Eva furono tre:

1 “Io moltiplicherò grandemente le tue pene e i dolori della tua gravidanza; con dolore partorirai figli;
2 i tuoi desideri si volgeranno verso tuo marito
3 ed egli dominerà su di te”.

(Gn 3:16)

Nei rapporti uomo- donna le due conseguenze sono: il desiderio di un uomo da parte della donna e il dominio dell’uomo sulla donna. Da quel giorno ad oggi, tutto il resto è storia. L’aspetto che rende ancora più triste il tutto è che non solo l’uomo è misogino, ma lo è la donna stessa, purtroppo. È infatti più facile che una donna disistimi le altre, piuttosto che ne stimi qualcuna.
Abbiamo dunque due prospettive: quella umana, in cui l’uomo domina la società, che è maschilista. E quella divina, in cui la donna è il capolavoro di Dio.